OTRANTO – Se l’arte rende indelebili nella memoria, allora un modo per non dimenticare le migliaia di popolazioni migranti e l’accoglienza che il popolo salentino ha offerto a molte di loro, a partire da vent’anni fa, c’è: trasformare in opera d’arte il relitto della motovedetta albanese Kater I Rades.

L’imbarcazione è legata ad un triste episodio di cronaca recente. Fu protagonista di quella che è stata definita “la strage del venerdì santo”, quando, il 28 marzo 1997, 81 albanesi trovarono la morte in mare, nell’intento di raggiungere le coste pugliesi.

Quel relitto è diventato il monumento ai tanti migranti deceduti in mare, per i quali si è chiusa per sempre, ancor prima di assaporarla, la possibilità di una nuova rinascita in terra diversa dalla propria.

L’associazione Integra onlus ha impedito che la barca andasse distrutta e dunque che la memoria di quel giorno andasse smarrita. Da quell’impegno a mantenerla i vita ha avuto origine l’idea dell’Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce: trasformarla in un monumento da collocare nel porto di Otranto. A vent’anni di tempo dai primi sbarchi albanesi.

Il monumento all’umanità migrante

Il monumento all’umanità migrante, inaugurato qualche giorno fa, è stato realizzato dall’artista greco Costas Varotsos. Alla sua opera hanno contribuito cinque artisti selezionati dalla Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo. A loro si aggiungeranno un artista greco, un albanese ed un italiano, per ribadire ancora una volta l’integrazione che è stata possibile nella città dei martiri.

 

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