Etichette del vino con alert sanitari, come sulle sigarette: e l’Italia dice no
L’idea è tutta irlandese ma proprio agli italiani non è andata giù. E nel frattempo l’UE tace. Come andrà a finire la storia delle etichette del vino come quelle delle sigarette ancora non si sa, ma dopo l’introduzione dell’etichetta Nutriscore sui prodotti alimentari, c’era da aspettarsi che qualche altra novità avrebbe interessato e potenzialmente fatto tremare anche il settore degli alcolici e superalcolici. Ma se altrove il vino è sovente e palesemente contraffatto e sugli scaffali dei supermercati si trovano facilmente in vendita singolari “kit” per il “Lambrusco fai da te”, qui in Italia la storia è ben differente. Perché l’olio, i formaggi, il vino e tanti altri prodotti sono il fiore all’occhiello di un Made in Italy che tutto il mondo guarda ed imita costantemente. Frutto di storia, tradizione, ricerca. Ma veniamo al dunque, e cerchiamo di capire cosa è successo.
Esiste dunque un progetto di legge partorito ed avanzato in Irlanda che suggerisce di inserire degli “alert sanitari” sulle etichette dei vini. Proprio come accade sui pacchetti delle sigarette. Pur tuttavia, se in Irlanda forse si alza un po’ troppo il gomito, in Italia non accade lo stesso. Qui un calice di vino è un’esperienza olfattiva e gustativa unica nel suo genere, un percorso di ricerca e di studio che prevede anche la scelta di opportuni abbinamenti con sapori, pietanze e consistenze. L’Italia non ha dunque perso tempo: il Ministro degli Esteri Antonio Tajani e il Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare Francesco Lollobrigida, hanno preparato subito una controffensiva, inviando una lettera di ricorso al WTO.
Nella lettera si sottolinea il valore culturale ma anche economico di un mercato che sarebbe messo a dura prova da una scelta così drastica, affermando che si tratta di una “scelta gravissima, tanto più che proviene da una nazione dove non si produce vino e dove d’abitudine si abusa di superalcolici”.
Meglio forse una campagna di sensibilizzazione?
Non sarebbe meglio, ci domandiamo, educare il cittadino europeo a non abusare ed esagerare con alcolici e superalcolici, e con cibi grassi e raffinati, spingendolo al contrario verso una dieta ricca, varia e ben bilanciata, senza doversi precludere nulla? Insomma, forse non sarebbe stato meglio investire tempo e denaro in opportune campagne di sensibilizzazione all’alimentazione consapevole? E’ forse meglio demonizzare anche i prodotti più blasonati, inclusi naturalmente quelli italiani, fiore all’occhiello di un settore enogastronomico che, assieme al turismo, traina, conquista ed attrae da tempo immemore consumatori e visitatori da ogni dove?
Record storico italiano nell’export di vino
E mentre l’Unione Europea tace, immersa in un silenzio che sembra prendere le forme di un allarmante assenso, l’Italia del vino, analogamente a quanto sta accadendo per l’olio di oliva, vola, e tocca record su record per ciò che concerne le esportazioni. Un settore, quello della produzione enologica, che come giustamente sottolinea Coldiretti, offre opportunità di lavoro a 1.3 milioni di persone. Senza contare che in Italia il vino è storia, cultura e tradizione, con un catalogo di etichette tra le più blasonate al mondo, che include la bellezza di 332 vini a Denominazione di Origine Controllata, 76 vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita, e 118 vini a Indicazione Geografica Tipica.
E voi, vi immaginereste i vini pugliesi con un’etichetta che vi ricorda che l’alcol “nuoce gravemente alla salute”?