quercia vallonea - Laterradipuglia.it

Quercia Vallonea, di che si tratta? E che leggenda custodisce? A poca distanza dalla chiesa sconsacrata dedicata alla Madonna di Constantinopoli risalente al 1648, in località Tricase, sorge uno dei monumenti più antichi del Salento. No, non si tratta di un edificio frutto della mano umana, bensì di un imponente albero di quercia. Il suo nome è Vallonea, ed è la più antica e la più grande di un gruppo di querce secolari situate in una porzione di terreno che, dalla Serra del Mito, conduce sino a Marina Serra. Siamo a due passi dal mare, dunque, in un angolo di paradiso dove il tempo sembra essersi fermato, e dove grazie ad un terreno e ad un microclima favorevole, questi alberi secolari hanno trovato l’habitat ideale. Addirittura, vi stupirete a scoprire che la quercia Vallonea ha più o meno 8 secoli. E se l’età di questa quercia non è sufficiente a stupirvi, rimarrete ancor più affascinati nel sentire la singolare leggenda che quest’albero custodisce. 

La quercia Vallonea in numeri

Se volessimo “dare i numeri” di questo gigante della natura, cominceremmo col dire che, come detto in apertura, la quercia Vallonea ha, secondo gli esperti, un’età che oscilla tra i settecento ed i novecento anni. Quanto alle misure, il suo solo tronco ha un diametro di 4,24 metri, è alta 20 metri e la sua chioma è folta circa settecento metri quadrati. Che numeri!

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La leggenda dei cento cavalieri

Se i numeri che vi abbiamo dato or ora non sono bastati per lasciarvi a bocca aperta, ci penserà la suggestiva leggenda che ci apprestiamo a narrarvi. Anche in questo caso diamo i numeri, in quanto i protagonisti sono nientemeno che cento cavalieri. Ma facciamo un passo indietro: narra la leggenda che Federico II di Svevia, di ritorno dalle Crociate, trovò riparo da un improvviso e forte temporale proprio sotto la folta chioma di questa imponente quercia a due passi dal mare. Assieme, ovviamente, ai cento cavalieri che lo accompagnavano: così tanti, ma tutti trovarono riparo sotto le fronde dell’albero secolare, che già ai tempi era davvero enorme. Una leggenda carica di suggestione, che senza dubbio farà venire voglia a tutti gli amanti della storia di fare un salto presso la quercia, di chiudere gli occhi e di immedesimarsi in quel passato lontano… Ma se questa piccola leggenda salentina non vi basta a trovare la quercia un luogo incredibilmente emozionante, dovete sapere che molto prima del passaggio di Federico II, ai tempi dell’Antica Grecia, la quercia era spesso interrogata e considerata al pari di un oracolo. A seconda di come le sue fronde si muovevano, i saggi traevano interpretazione e dispensavano consigli.

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Una quercia “commestibile”

Una curiosità: sembra che i monaci basiliani giunti in terra di Puglia a seguito delle persecuzioni iconoclaste in corso nella parte più orientale dell’Impero avessero imparato ad usare le ghiande di questa quercia così imponente per preparare una farina da usare per dar vita ad alimenti gustosi. Le ghiande in questione erano anche commestibili e venivano gustate arrostite, al pari di come faremmo noi oggi con le caldarroste. Non a caso, la quercia è anche chiamata, nel dialetto locale, “falanida”, evoluzione linguistica del greco balanos, che vuol dire appunto ghianda. Queste ghiande erano abbondanti anche vicino a Supersano, dove si trovava un’ampia foresta di querce risalente al periodo post-glaciale. Oggi quella zona è chiamata Parco Paduli, che significa palude. In quella zona vi è una masseria chiamata non a caso Spaccaghiande, proprio perchè, secondo gli studiosi, lì si usava produrre farina a partire dalle ghiande di quercia Virgiliana, la varietà alla quale appartiene anche la quercia Vallonea. Il Bosco Belvedere era altresì il luogo ideale per l’allevamento dei maiali selvatici, particolarmente ghiotti di ghiande ed amanti del clima fresco e frizzantino generato da questi boschi. Oggi il bosco non esiste più, ma a ben pensarci a Martina Franca, patria del famoso Capocollo, i maiali sono ancora oggi allevati proprio allo stato brado in un contesto boschivo molto simile a quello che doveva esserci in Salento ai tempi del Bosco Belvedere. Si consideri, peraltro, che dopo il Neolitico l’intera area che corrisponde all’odierno Salento era ricoperta di una fitta vegetazione boschiva, con abbondanza di querceti. Vi segnaliamo infine, a titolo di curiosità, che la zona attorno a Supersano è anche ricca di castagni, non a caso una contrada del luogo prende il nome di Castagna.