Le capase, dette anche capasoni, sono dei generosi recipienti in terracotta solitamente di un bel colore giallo dorato o giallo ocra. Esistono anche di dimensioni tutto sommato piccole, anche se i più grandi (e non a caso abbiamo detto generosi) possono avere anche una capienza di 300 litri. Vediamo cosa sono, a cosa servivano (e servono ancora oggi) e perché ci piacciono tanto.
Capase o capasoni, i recipienti dei contadini pugliesi
I contadini pugliesi e i contadini del Salento usavano questi bellissimi recipienti in terracotta pugliese per diversi usi. In linea generale, si trattava di conservare liquidi. Poteva trattarsi di olio extravergine di oliva, di acqua, di vino. Il pregio di questi recipienti era quello di riuscire a mantenere inalterate le caratteristiche del liquido contenuto, soprattutto per ciò che concerne la temperatura.
Da dove proviene il nome capasa?
Il nome capasa proviene dal latino capax capacis, che significa capace. Fa riferimento, com’è intuitivo, alla capacità spesso importante di questi recipienti, ed alla loro utilità nel contenere liquidi. La capasa è nota anche come capasone, con valore accrescitivo, ma anche zarra o giara. Ma veniamo ai suoi usi.
I capasoni durante la vendemmia
Nei secoli scorsi le capase più grandi si usavano al posto delle botti durante la vendemmia. Ne bastavano alcune decine di quelle molto grandi (capacità almeno 200 litri) le usavano per conservare il vino. Solitamente la bocca dei capasoni era sigillata con un tappo fatto di calce e cenere. Una sorta di chiusura ermetica ante litteram! Alla base del capasone, ad una ventina di centimetri dal fondo, c’era una bocchetta di scarico alla quale si fissava una sorta di rubinetto: il suo nome era cannedda, ma talvolta poteva anche essere un tappino di sughero, chiamato invece pipulu. In tal modo, era facile procurarsi la giusta dose di vino o olio avvicinando un recipiente alla cannedda.
Lavaggio ed igiene del capasone
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Ogni volta che si rendeva necessario riutilizzare il capasone, questo veniva opportunamenta lavato: i lavaggi erano eseguiti con acqua e carbonato di potassio (potassa), oppure con acqua e tufo. La parte interna si strofinava con appositi spazzoloni sulla cui estremità si usava legare erbe aromatiche o essenze di vario genere (timo, mirto o altre).
I capasoni e le capase erano veri e propri protagonisti della vita rurale di un tempo, in Puglia in particolar modo. A tal punto che – pensate – come oggi esiste il calzolaio – esisteva un vasaio specializzato quasi esclusivamente nella manutenzione e riparazione delle capase: operazione che avveniva a domicilio. Se avete avuto modo di leggere la novella La Giara di Luigi Pirandello, vi tornerà alla memoria proprio la figura del vasaio.
Protagonisti anche di tanti commerci nel mar Mediterraneo
I capasoni non erano solamente usati per i lavori agricoli, ma anche per trasportare liquidi avanti e indietro attraverso il Mediterraneo. Furono per lungo tempo i protagonisti dei commerci sino al medio e lontano Oriente.
Capase e capasoni oggi
Le capase ed i capasoni oggi sono tornati molto di moda e c’è un ampio mercato che ruota attorno alla ricerca dei vecchi esemplari ed alla loro rivalorizzazione. Capita di vederli agli ingressi di prestigiosi resort turistici, nelle corti di tante ville signorili, presso giardini e aree esterne. Riescono a donare un tocco d’antan a qualunque ambiente e ad inserirsi a meraviglia anche laddove le scelte architettoniche strizzino l’occhio alla modernità. Può anche capitare che procurarsi una capasa oggi preveda un investimento economico non indifferente. Se ne avete uno abbandonato presso la cantina di un vostro nonno, non gettatelo: è un pezzo di storia.
E se le capase più grandi sono veri e propri oggetti d’arredo, quelle piccoline e gli orci sono ampiamente richiesti oggi come bomboniere. Insomma, la terracotta pugliese oggi è davvero di tendenza.