Oggi vogliamo condurvi a passeggio nella Bari più antica ed autentica, dove ancora oggi ha luogo uno dei riti popolari più antichi e “sacri” della città: l’arricciatura del polpo. Ebbene sì, perchè questa pratica così coreografica e singolare, ben vivida e presente nell’immaginario collettivo di tutti noi, è davvero antica, nonché cruciale affinchè il cefalopode risulti poi gradito al palato. Le sue carni, infatti, devono risultare compatte e callose, ed i suoi tentacoli ben arricciati.
Come si gusta il polpo a Bari
Bari è la patria del crudo di mare per eccellenza. I Baresi non solo hanno un palato sopraffino in fatto di pesce crudo, ma lo gustano volentieri sin dalla notte dei tempi. Secondo la teoria di alcuni studiosi, l’abitudine di mangiare pesce crudo risalirebbe addirittura ad una crisi climatica risalente al Neolitico. Il cibo scarseggiava, e l’uomo imparò a gustare “a vivo” ciò che il mare forniva in abbondanza.
Oggi, questo retaggio antichissimo non s’è per nulla perso, anzi. I baresi impazziscono per il crudo di mare e, oltre ai molluschi, gustano volentieri anche il polpo crudo. In linea generale a crudo sono molto graditi gli esemplari più piccoli; quelli di pezzatura media sono ideali per una cottura alla griglia, mentre i polpi grandi si preparano in insalata. Per polpo in insalata si intende un polpo bollito e poi condito con olio, prezzemolo e limone. In alternativa, i polpi più grandi sono spesso cotti in umido, con un sugo a base di cipolla.
Il rito dell’arricciatura del polpo
Ma torniamo al rito dell’arricciatura. Secondo i baresi (e non a torto), il polpo dev’essere tenero e croccante. Cosa significa? Significa che le fibre muscolari devono diventare morbide e perdere quella “nervosità” che altrimenti le renderebbe immangiabili. Per fare ciò, dopo aver pescato il polpo con una cosiddetta “polparola”, un antico metodo che consiste nel legare ad una lenza una piccola esca (artificiale o no) ed un drappo o sacchetto di colore bianco, che attira l’attenzione dell’animale, si procede all’arricciatura del polpo.
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Per fare ciò – dopo aver rivoltato la testa del polpo ed averlo privato degli occhi, della bocca, della sacca di inchiostro e delle interiora, si individua uno scoglio perfettamente liscio e privo di asperità (per non danneggiare le carni del polpo durante il “trattamento”) e lo si percuote ripetutamente e con una certa energia. Dopo questa prima operazione, le fibre muscolari si distendono e si allargano, ma ancora non è sufficiente a rendere il cefalopode commestibile.
Segue dunque l’arricciatura. A questo scopo si usa solitamente un cestino di vimini, una bacinella, un secchio. Si ripone il polpo all’interno e si eseguono dei movimenti ritmici, circolari e sussultori. A questo punto il polpo si arriccia, ed i suoi tentacoli si trasformano in quelli che a Bari sono chiamati i cirri, riccioli di tentacolo dal sapore e dalla consistenza irresistibile.
Detto questo, non vi immaginiamo intenti a percuotere il polpo sul tavolo della cucina di casa, ma se vi doveste trovare in vacanza in Puglia, e per la precisione in quel di Bari,