La torre colombaia è una struttura facente capo all’architettura rurale e in Salento è spesso chiamata, in dialetto, palumbaru. L’etimologia lascia poco spazio all’immaginazione, dal momento che in spagnolo paloma significa, appunto, colombo. Conosciamo oggi più da vicino le torri colombaie del Salento ed in particolare interroghiamoci su un luogo affascinante e ricco di mistero: l’ipogeo di torre Pinta.
L’allevamento dei colombi: un'”arte” in voga sin dal Basso Medioevo
I colombi rivestivano un ruolo di primo piano nell’economia rurale salentina già in epoca medioevale. Ai tempi non era infrequente cimentarsi nell’allevamento di diverse specie di volatili, non ultimo naturalmente il falcone, con il quale, come sapete, si usava praticare la caccia. Lo stesso Federico II di Svevia amava allevare volatili e praticare la caccia. Le più antiche torri colombaie del Salento sembra risalgano proprio al XIII secolo. Hanno tutte forma tondeggiante o squadrata, cave al centro, e si presentano come torri punteggiate, lungo tutta la superficie, da nicchie per i pennuti. In generale, ad ogni modo, se edificare le torri colombaie era usanza prettamente medievale, non si può dire lo stesso dell’allevamento dei colombi, che sembra invece affondi le sue radici nell’antichità. In generale, nel periodo in cui il Salento era parte dell’Impero Romano d’Oriente (fino al 1453, dunque), le torri colombaie rivestivano un ruolo di primo piano: in quel tempo, infatti, i colombi erano usati per inviare messaggi attraverso il Canale d’Otranto sino a Bisanzio.
L’utilità dei colombi nell’economia rurale salentina
Come detto, le nicchie o alloggi per i volatili erano presenti all’interno della colombaia, che era provvista di un’apertura superiore per l’accesso dei colombi e di una porticina in basso per l’accesso dell’uomo. Inoltre, le pareti erano provviste di comode scalette con le quali accedere alle nicchie e raccogliere all’occorrenza le uova degli uccelli che vi avevano nidificato. Ma l’interesse non si esauriva nelle uova: con la carne dei colombi si preparava un ricco brodino molto gradito alle neomamme, dalle balie e ai malati o cagionevoli di salute. Anche gli escrementi erano preziosi per l’economia locale: venivano infatti usati per conciare le pelli e per fertilizzare i campi.
La torre colombaia più grande del Salento: Carpignano Salentino
La colombaia più grande di tutto il Salento si trova a Carpignano Salentino: sulla sua facciata essa presenta le effigi della famiglia degli Orsini del Balzo. La storia del Salento è legata a doppio filo a quella di questa dinastia nobile, nata nel 1200 dall’unione di Sveva del Balzo e Roberto Orsini, che sancirono di fatto l’unione tra angioini ed aragonesi. Esponente di questa nobile casata fu Raimonello del Balzo degli Orsini, che sicuramente avrete sentito nominare. Fu un cavaliere famosissimo in Terra D’Otranto, che rese la casata particolarmente ricca in fatto di possedimenti terrieri e ricchezze materiali. Tra le altre cose, Raimondello del Balzo degli Orsini partecipò alle Crociate e, narra la leggenda, visitò la salma di Santa Caterina d’Alessandria e, durante la visita, le staccò un dito con un morso e se lo portò in Salento. Sempre secondo la leggenda, Raimondello avrebbe condotto la reliquia a Galatina, e vi avrebbe fatto costruire attorno l’attuale Basilica di Santa Caterina. Raimondello è anche noto per il suo matrimonio con Maria D’Enghien, che era contessa di Lecce e che deteneva il Principato di Taranto. Fu proprio in quel momento storico che la casata dei Balzo degli Orsini raggiunse il suo apice. Ma torniamo alle nostre torri colombaie.
Dove altro vedere le torri in Salento
Le le torri colombaie in Salento sono davvero molte, e potrete osservarle anche in località Acquarica del Capo, la torre di Celsorizzo, ad Arnesano, presso la Masseria Li Carretti. Stando ad un’epigrafe, questa torre fu convertita da colombaia a torre difensiva in occasione dell’invasione turca del Salento del 1480. Famosa è anche la torre colombaia situata presso la Masseria Torcito in località Cannole. alla Masseria Santa Barbara nei pressi di Otranto, a Taurisano presso la masseria Gialli, presso la masseria Gianferrante di Ugento, a Lecce, lungo la strada per Borgo Sannicola, a Cavallino in rione Castromediano, a Lecce città, in direzione Villaconvento, presso il poligono di tiro e nei rione dei Salesiani, presso la masseria Coccioli sempre di Lecce, nella corte interna della Masseria Brusca di Nardò, sempre a Nardò presso la Masseria Carignano e presso la Masseria Donna Menga, presso la Masseria Doganieri a Galatone (questa a base quadrata), alla masseria Ghietta di Trepuzzi, a Surbo presso la masseria Melcarne, a San Foca (Melendugno) presso la masseria Limbitello e vi stupireste se completassimo l’elenco, perchè è davvero molto lungo. Ma non è nostra intenzione annoiarvi e dunque vi racconteremo ora la storia di una torre ipogea molto singolare.
L’ipogeo di Torre Pinta, una torre colombaia piuttosto misteriosa
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Come vi abbiamo detto in apertura, l’abitudine di allevare colombi sembra abbia radici molto antiche. In località Otranto si trova un ipogeo dalle origini sicuramente antiche e piuttosto misteriose. Gli studiosi vi hanno individuato indubbie tracce messapiche (ovvero lasciate dai Messapi, gli antichi abitanti del Salento), ma non solo. La sua struttura è a croce latina, e si compone pertanto di due bracci, uno più corto e uno più lungo, al cui centro si apre una stanza dalla forma tondeggiante, dotata di innumerevoli nicchie. Stando agli studiosi, l’ipogeo di torre Pinta sarebbe una torre colombaia del secolo XVIII edificata su un edificio più antico, di origine appunto messapica, ma rimaneggiato poi più volte nel tempo. Probabilmente in epoca borbonica la torre venne usata per allevare piccioni viaggiatori, come confermato non solo dalle nicchie che ancora oggi recano i segni delle unghie dei volatili, ma anche dall’indubbia posizione strategica dell’ipogeo. Quel che è certo è che qui la storia ha lasciato i suoi segni a più riprese nel corso dei secoli.