incantesimi d'amore in puglia - Laterradipuglia.it

In passato vi abbiamo raccontato delle pratiche magiche in uso in terra di Puglia, molte delle quali avevano un evidente intento curativo. Ma non solo. Si tratta di pratiche oggi pressoché del tutto scomparse, che hanno tuttavia lasciato traccia indelebile nel racconto popolare, in quel passaparola che le nonne con le loro piacevoli chiacchiere tengono ancora vivo e che ogni tanto è bene scrivere nero su bianco, per fissarle ancora un pò prima che vadano irrimediabilmente perdute (e sperando che questo non accada). Oggi ricordiamo assieme alcuni incantesimi d’amore che si usava mettere in atto in terra di Puglia sino a non molto tempo fa. Talvolta, con l’aiuto della macara. Scopriamoli assieme. 

Gli obiettivi dei riti magici in terra di Puglia

Come detto in apertura, molto spesso i riti magici in uso in terra di Puglia (e più in generale in tutto il meridione italiano) avevano uno scopo curativo, ma non sempre. Altri scopi potevano essere l’esorcizzazione e l’allontanamento delle energie negative, la ricerca di fortuna familiare ed anche amorosa. A questo proposito, scopriamo oggi quali erano gli incantesimi d’amore ed i riti più comuni messi in atto per mantenere e trovare l’amore. Il tema delle pozioni e dei filtri d’amore richiama alla memoria le opere del grande drammaturgo rinascimentale William Shakespeare, al quale come sappiamo la nostra penisola italica era davvero molto cara. O, ancora, ci proietta direttamente nel mondo delle fiabe, dove immancabilmente l’esito è favorevole e l’amore trionfa. Ma cosa succedeva invece in terra pugliese non molto tempo fa? E chi erano i protagonisti di questi riti magici talvolta curiosi e scenografici? Scopriamolo assieme proseguendo la lettura.

C’erano una volta le macare…

Le macare o maciare erano donne che si diceva avessero venduto la loro anima al diavolo e che potessero eseguire ogni sorta d’incantesimo o rito magico. A livello etimologico, si suppone che macara provenga dall’aggettivo latino magicus, che nella forma neutra plurale dà magica, al quale sarebbe poi stato aggiunto un suffisso, aru, da cui magicaru, al femminile magicara, da cui macara. Ovvero, colei che fa le magie che nella fattispecie, essendo donna, era considerata di fatto una strega. Vi risparmiamo un excursus sulla stregoneria e sulla Santa Inquisizione e vi ricordiamo invece che le macare erano molto temute e per questo motivo anche profondamente rispettate.

I riti d’amore delle macare pugliesi

A proposito di riti d’amore e pozioni magiche, c’è da dire che vi facevano ricorso quasi esclusivamente le donne, giacchè nella società patriarcale vigente in tutto il meridione italiano (e non solo) fino a pochi decenni fa, la scelta della sposa e futura madre dei propri figli era esclusivo appannaggio dell’uomo e della sua famiglia. Nessun uomo avrebbe mai avuto motivo di rivolgersi ad una macara per ottenere in sposa la donna oggetto del suo interesse, insomma. A meno di non essere rifiutato dalla prescelta. In quel caso, il pretendente posizionava una treccina di fili di lana tra la paglia posta sotto il materasso dell’amata, cosicché fungesse da legame e vincolasse per sempre i loro destini. Un altro rito d’amore, tipico stavolta delle fanciulle, consisteva nell’annodare per tre volte un nastrino, ripetendo una determinata formula sempre per tre volte. Una pratica che andava eseguita solamente nei mesi dispari e che si pensava potesse condurre al compimento del tanto desiderato sogno d’amore.

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Le pozioni d’amore

Se questo non si avverava, era necessario recarsi dalla macara e farsi preparare una pozione d’amore. La pozione consisteva nel versare alcune gocce di sangue mestruale nel caffè o nel vino del proprio amato: una volta bevuto il filtro magico, egli si sarebbe inesorabilmente innamorato. Qualora fosse urgente preparare la pozione e non si disponesse del sangue mestruale, era anche possibile pungersi semplicemente un dito con un ago, ma in quel caso era necessario aggiungere al “mix” un ciuffo di peli pubici o ascellari che, opportunamente impregnati di sangue e “essiccati” in forno, avrebbero dato vita ad una potentissima “polverina magica”. A questo punto non bisognava far altro che condurre la polverina in chiesa, recitare uno scongiuro nel momento della prima comunione e poi somministrarla al malcapitato all’interno di una bevanda.

Un ultimo stratagemma per far innamorare l’amato o l’amata era quello di far realizzare dalla macara una statuina recante le sembianze dell’obiettivo del proprio amore. A questo punto si infilzava “il pupo” o “la pupa” al cuore con alcuni aghi, recitando anche in questo caso alcune formule mirate a suscitare l’amore nel predestinato.