Il popolo salentino è un popolo davvero generoso. Lo è nella sua spiccata propensione verso l’ospitalità, così come nell’uso di parole e fonemi. Non riesce proprio a risparmiarsi. E anche quando in Terra di Puglia 40 gradi all’ombra si fanno più che sentire, anche un semplice “sì” o “no” diventano insomma qualcosa di più. Un sine e none, per la precisione. Ma da dove proviene quest’abitudine linguistica così radicata nel gergo colloquiale delle popolazioni del Salento? Qual è la sua etimologia? Scopriamolo assieme. In fondo, conoscere l’origine delle nostre parole ci aiuta a capire chi siamo e da dove veniamo, ma anche e soprattutto dove stiamo andando.
In principio erano “sì” e “no”
Come tutti sapete, si e no provengono dal latino. La loro etimologia è sic est (così è) e non est (non è). Lasciando per un momento da parte le questioni etimologiche ed andando puramente “ad orecchio”, potrebbe sembrare che sine e none siano forme puramente rafforzative del sì e del no. Un dialogo che potremmo udire in una casa salentina, naturalmente tradotto in italiano, suonerebbe oggi più o meno così:
Sei andato a prendere il pane? Sì. Allora ci sei andato? Sine!
Come a dire, “ti ho detto di sì!”. Quel “ne” sarebbe dunque un uso puramente rafforzativo, mentre nel caso della negazione, rivestirebbe un significato di tipo enfatico, sempre nel contesto di dialoghi che prevedono una risposta secca (sì o no, appunto). Una spiegazione tutto sommato plausibile, soprattutto in virtù del fatto che sine e none trovano spazio già nella lingua italiana a partire dal XIV secolo.
Piemontesi e Lombardi, no, voi non c’entrate!
A proposito di enfasi, ancora oggi si usa in Piemonte ed in Lombardia la forma isolata “ne” come rafforzativo specie alla fine di frasi di tipo interrogativo, proveniente a sua volta da nevvero.
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Hai visto che tempo, né?
Ebbene, quest’uso non ha nulla a che fare con il suffisso “ne” ancor oggi in uso in Salento.
Sine e none nell’italiano antico
Tornando per un momento all’italiano antico, sembrerebbe dunque che sine e none fossero – ai tempi – il risultato di un’epitesi (il contrario dell’apocope). In poche parole, un suono fonetico sarebbe stato aggiunto alla fine della parola “per comodità”, senza che vi sia un senso etimologico vero e proprio. Insomma, pronunciare sì e no era tutto sommato scomodo. Molto più comodo dire sine e none.
E i sine e none di oggi, invece?
Sembrerebbe, concludendo la carrellata di ipotesi etimologiche, che sine e none non siano retaggi di influenze linguistiche piemontesi o lombarde nè, udite udite, il risultato di un semplice fenomeno di epitesi per agevolare la pronuncia di due fonemi secchi e, per così dire, “spigolosi.
La spiegazione è presto detta. Il suffisso -ne in uso oggi in Salento sarebbe da individuare invece nella parola latina nae, che significa certamente, come no, così come nella sua “cugina” greca vai (pronuncia nai), dal significato analogo. Insomma, l’etimologia di sine e none è sic nae e no nae, da cui si ne, e no ne, ed infine l’odierno sine e none.