La farmacopea contemporanea affonda le sue radici più profonde nella conoscenza delle proprietà delle erbe officinali e spontanee. Non vi era famiglia nei secoli passati, specie nelle campagne del nostro meridione italiano (ma non abbiamo dubbi che fosse così anche in zone ben distanti da esso), che non conoscesse questa o quell’altra pianta, questa o quell’altra pratica. Basti pensare alla semplice camomilla, al papavero, alle foglie d’alloro, che ancora oggi trovano impiego in erboristeria e ci danno conforto per i malanni più blandi.
Parallelamente alla conoscenza delle proprietà delle erbe officinali, vi era, ai tempi, un’altra “scienza” particolarmente diffusa, capace di esercitare un fortissimo “appeal” sulle masse contadine meno propense al buon senso e più inclini alla suggestione: ci riferiamo alla magia, campo d’azione per eccellenza delle fattucchiere.
Abbiamo parlato di meridione italiano perché quello della magia è un tema che non interessa solamente la nostra Terra di Puglia. Non a caso, in questo breve articolo faremo assieme un salto anche in Lucania (non dimentichiamo che quei territori sono stati parte della Terra d’Otranto fino alla seconda metà del Seicento).
I rituali magici: poco pragmatismo e tanta suggestione…
In territori in cui il substrato contadino lasciava poco spazio al pragmatismo e molto all’immaginazione, e dove la cultura imperante era quella della trasmissione orale di conoscenze vaghe ed empiriche, le fattucchiere erano molto temute e per questo motivo anche oggetto di grandissimo rispetto.
E mentre il mondo ecclesiastico le ignorava e/o perseguitava (dipende naturalmente dal periodo storico, ma non dimentichiamo che la Santa Inquisizione ha avuto il suo “bel da fare” per diversi secoli, dal Basso Medioevo sino al Sedicesimo secolo, se trascuriamo l’Inquisizione Spagnola), le masse vi facevano ricorso per una vasta gamma di rituali che oggi potrebbero sembrare poco credibili e molto fantasiosi.
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Ma tant’è. E vi stupireste a scoprire che in molte piccole province del meridione italiano esistono ancora le “eredi” – se così vogliamo chiamarle – delle fattucchiere di un tempo…
Le pratiche magiche delle fattucchiere
Tabacco ed origano in odor di santità!
Lasciando da parte le pratiche volte ad allontanare o avvicinare il malocchio, vogliamo qui concentrarci su quelle prettamente curative. Tanto per cominciare, il tabacco veniva considerata un’erba santa. Santa nel vero senso della parola, tant’è che con le foglie di tabacco si riteneva fosse possibile curare il colera. La pratica era poco piacevole, ma in fondo anche essere affetti da colera doveva esserlo, dunque il malato si presume si sottoponesse di buon grado ad un bel clistere a base di foglie di tabacco fermentate.
E a proposito di santità, al posto dell’aspersorio le maghe usavano un rametto d’origano. Bastava brandire il rametto in questione per dare una benedizione oppure per praticare un esorcismo, scacciando gli spiriti maligni dal “paziente”.
Pratiche singolari tramandate lungamente nella tradizione popolare
Tra le altre pratiche magiche aventi valenza curativa, vi incuriosirà sapere che per curare l’orzaiolo si invitava il malato a guardare attraverso una bottiglia d’olio.
Per curare l’erisipela, un’infezione della pelle causata solitamente da streptococco, si usavano oro e argento. Il rimedio magico consisteva nello sfiorare la pelle del malato con un anello d’argento e poi con uno d’oro. Un rimedio piuttosto comune, al quale sovente si ricorreva anche per trattare altre malattie.
E che dire della scabbia? Mentre i medici “ordinari” la curavano con purghe e salassi di vario genere, le fattucchiere la trattavano spalmando sulla pelle del malato un curioso “mix” di urina e olio. Il massaggio doveva essere fatto per tre, cinque oppure per tredici volte, a seconda dell’età del soggetto. E durante il massaggio, si recitava un particolare scongiuro, invocando tra gli altri Gesù e San Pietro.
In Lucania erano comuni La Febbre dell’Aria ed il Male dell’Arco
La malaria era chiamata Febbre dell’Aria. In Lucania questa sgradevole malattia si curava accumulando dell’urina in un pentolino. All’alba del terzo giorno si doveva uscire di casa con il pentolino in mano, tenuto dietro la schiena, e bisognava camminare all’indietro in direzione del sorgere del sole. Poi, senza voltarsi, era necessario gettare l’urina verso il sole, facendo un particolare gesto di scongiuro.
Concludiamo la nostra carrellata di patologie curabili grazie alle pratiche magiche con l’itterizia. E spostiamoci di nuovo in Lucania, dove questa malattia veniva denominata Male dell’Arco. Si riteneva, infatti, che l’itterizia fosse causata dal fatto di aver urinato verso l’arcobaleno. In questo modo, la malignità gialla era entrata nel corpo del malato, e vi scorreva nelle vene. Dunque, per guarire, era necessario uscire di casa e passare sotto tre archi in muratura.
Sicuramente si tratta di pratiche curiose che al giorno d’oggi ci fanno sorridere, ma non possiamo dimenticare i tempi ed i luoghi nei quali esse affondano le loro origini. La ridotta alfabetizzazione e le scarse conoscenze scientifiche che hanno accompagnato le popolazioni rurali del nostro paese fino a tempi relativamente recenti, il rapporto quasi quotidiano con la malattia e la morte, il timore nei confronti di entità soprannaturali spesso non meglio identificate, hanno offerto a maghe e fattucchiere opportunità di “lavoro”, di rispetto e di sostentamento per lungo tempo in Terra di Puglia e non solo.