I basilischi erano creature mitologiche spesso citate nei bestiari medievali, testi scritti nei quali si elencavano e descrivevano dettagliatamente tutti gli animali noti, meno noti, reali, leggendari e mitologici del tempo, il tutto corredato da immagini, piccole o grandi curiosità, riferimenti biblici, leggende e aneddotiche varie. Il basilisco era spesso protagonista di questi testi, ed era forse quello che incuteva più timore e soggezione nei lettori del tempo. Vi domanderete dunque perché ne parliamo in questa sede, e che cosa ha a che fare questa creatura mitologica con il Salento. Non ci resta dunque che approfondire l’argomento assieme.
Che cos’è il basilisco
Il basilisco è un piccolo serpentello lungo poco più di una ventina di centimetri, con la testa di gallo, il dorso squamoso (così lo potete vedere raffigurato specie in araldica) e, in talune rappresentazioni, persino provvisto ali. L’animale sarebbe nato da un uovo deposto da un gallo nero e covato con gli occhi, per nove mesi, da un rospo o da un serpente. Il nome basilisco deriva dal greco basilìscos, piccolo re: non a caso nel Medio Evo si riteneva che fosse il re dei serpenti. L’appellativo di re non è dovuto solamente al suo carattere indisponente e dominatore, come vedremo tra poco, ma anche al fatto che in cima alla testa solitamente il basilisco reca una piccola macchia bianca, quasi fosse una corona. Quanto al suo carattere, che dire, di certo il basilisco era considerato una creatura poco docile e per nulla accomodante: un essere malefico, capace di uccidere (o nel migliore dei casi pietrificare) con un solo sguardo. La sorte era ancora peggiore se a qualche malcapitato succedeva di entrare in contatto con il suo fiato malefico o di riceverne il morso: in quel caso la morte era sicura ed istantanea. In realtà, ci sarebbe davvero molto da raccontare, dal momento che le storie sul basilisco e sulla sua letalità si moltiplicano durante tutto il Medioevo, arricchendosi di volta in volta di dettagli sempre più particolari e fantasiosi. Ma veniamo a noi.
Che cosa ha a che fare il basilisco con il Salento?
Con il finire dell’epoca medioevale, il basilisco non è caduto nell’oblio, anzi. La sua presenza pestilenziale e poco gradita ha lasciato tracce indelebili nella tradizione orale e nel folklore locale di tante regioni e città europee. In Puglia il basilisco è simbolo di Sternatia, piccolo paesino appartenente a quell’enclave linguistica chiamata Grecìa Salentina. In realtà è molto probabile che chi ancora affermava, ben oltre il finire del Medioevo, di aver avvistato un basilisco in Salento, avesse forse incontrato sul suo cammino un camaleonte mediterraneo. Un animale per certi versi simile a nostro rettile mitologico, che di certo non ha mai smesso di esercitare una certa suggestione nel mondo contadino che ben tutti conosciamo. Non a caso, in tutta la Grecìa Salentina i camaleonti erano anche chiamati dracuddhi (draghetti), un nome che rievoca l’immagine del basilisco intento a pietrificare o uccidere una sventurata preda con il suo alito pestifero. Nel resto del Salento, invece, si attribuiva al fasciliscu la sparizione – che spesso avveniva nottetempo – di galline o altri animali dai pollai. Anche qui l’etimologia lascia ben poco spazio all’immaginazione.
Come mai il basilisco è simbolo di Sternatia?
Come detto, dunque, il contenuto dei bestiari medievali ha lasciato traccia indelebile anche nella tradizione orale del Salento. Il basilisco è infatti uno dei grandi protagonisti della storia di Sternatia. Si narra che un basilisco, liberatosi delle gabbie d’oro dei bestiari medioevali, abbia cominciato a vagare qua e là, sterminando morte e distruzione un pò ovunque. Giunto in quel di Sternatia, il malefico animale non riuscì a distruggere la cittadina, ma anzi morì. Ad ucciderlo fu uno specchio, che riflesse il suo sguardo mortale e lo incenerì all’istante. Oggi il basilisco campeggia nello stemma civico della città, in segno di rispetto ma anche simbolo di forza e resistenza nei confronti anche delle più temibili avversità.
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