Come ogni anno Halloween torna a far capolino e con esso le innumerevoli polemiche di quanti storcono il naso davanti a gruppetti festosi di bambini mascherati che si presentano all’uscio di casa. E’ una festa senza senso! E’ anticattolica! Non fa parte della nostra tradizione! Insistono in molti. Ed in parte, forse, è anche vero. Ma in parte no. Cerchiamo dunque di capire assieme cos’ha Halloween in comune con il nostro bel paese, ed in particolare con la regione Puglia. E perchè dobbiamo imparare ad accettare questa festa che non è nelle corde di tutti.
E’ indubbio che la festa di Halloween così come oggi la si concepisce abbia una forte valenza commerciale che, però, nulla ha a che vedere con le sue origini più antiche. E che provenga, di fatto, da oltreoceano, da una cultura a stelle e strisce con la quale ci sembra di aver poco da spartire. Eppure tutto il mondo è paese e in fondo, a ben pensarci, anche il Natale con il passare degli anni si è andato via via snaturando rispetto al suo senso originario. Perché, come tutti sapete, il vero Babbo Natale altri non era che San Nicola, che si festeggiava il 6 dicembre, e che portava doni ai bambini, salvo poi trasformarsi, grazie ad una ben riuscita operazione di marketing a cura della The Coca Cola Company, nel Babbo Natale che tutti conosciamo. Detto questo, forse dovremmo farci delle domande anche su Halloween, ovvero sulla festa che si celebra la Vigilia di Ognissanti, e che poco piace al nostro cattolicissimo paese perché rievoca una serie di immagini profane, che hanno a vedere con il mondo dell’oltretomba. Per inciso e per completezza, vi ricordiamo che in America Latina è ancora più vivo che mai il culto di origine precolombiana verso Nuestra Señora de la Santa Muerte. Ma non mettiamo troppa carne al fuoco, e vediamo perché questa festività anglosassone si festeggia anche da noi, e in che modo.
Due parole sull’origine di Halloween
La festa di Halloween ha origini celtiche. Nel calendario celtico, il primo novembre era una sorta di Capodanno, che segnava la fine dell’estate (e dei lavori agricoli ad essa connessi), e l’inizio dell’inverno. I pastori facevano ritorno verso le stalle, un pò come (nel nord del nostro paese soprattutto), a San Martino si lasciavano i casali a seguito della scadenza dei contratti di mezzadria (da qui il detto, “fare san Martino” per intendere traslocare). Per far ritorno dalle valli verso i paesi, i pastori celtici usavano illuminare il loro cammino con rape intagliate, proprio come si fa ora con la famosa zucca (la storia di Jack o’Lantern ve la racconteremo un’altra volta, però). Una volta giunti presso le loro dimore, essi usavano lasciare sull’uscio qualche cosa da mangiare e del latte, per le anime dei defunti. Questa tradizione tipica della fine dell’estate, chiamata Samhain, venne poi adottata dagli irlandesi, che la fecero loro e la usarono per festeggiare All Hallow’s Eve, ovvero la Vigilia di tutti i Santi (da cui, etimologicamente, oggi Halloween). Analogamente, nell’antica e pagana Roma il 29 ottobre si festeggiava il dio Vertumno, dio dell’avvicendamento stagionale. Da nord a sud, insomma, le feste pagane legate a doppio filo al cambio delle stagioni non mancano, così come non manca mai la presenza dei defunti, che talvolta ricevono, altre volte offrono dei doni. Ma cosa c’entravano i defunti? E’ presto detto.
Il ruolo dei defunti nelle feste pagane legate alla fine dell’estate
Come sapete, le feste sono sempre segno di qualcosa che termina e di qualcosa che inizia. Che sia un solstizio, la fine o l’inizio di una stagione, festeggiare non è solo un atto liberatorio, ma è altresì occasione propiziatoria. In occasione della festa di tutti i Santi si festeggiava per propiziarsi una buona stagione, fatta di tempo mite e di abbondanti raccolti. E per fare ciò, si invocavano i defunti, quali potessero intercedere per i vivi ed assicurare un futuro prospero e sereno.
E in Italia, cosa succedeva in occasione della festa di tutti i Santi, ancor prima che Halloween si manifestasse con tutti i risvolti “commerciali” del caso?
In tutta Italia, insomma, i momenti festivi legati al culto dei defunti erano già parte integrante della cultura popolare, ancor prima che Halloween diventasse così popolare. In molte regioni italiane, da nord a sud, si usava, la vigilia degli Ognissanti, coricarsi lasciando una tavola ben imbandita a favore delle anime dei defunti, proprio come facevano i Celti. E la zucca intagliata, che oggi ci sembra provenire dalla cultura anglosassone, era già ben presente in Toscana, dove la chiamavano “la morte secca”. E che dire delle tradizioni gastronomiche, come il pane dei Morti, gli ossi di Morto e mille altre prelibatezze da sempre presenti in tutta Italia ancor prima dei dolcetti o scherzetti anglosassoni? Insomma potremmo andare avanti ancora molto, raccontandovi tante altre tradizioni tipiche di questo momento così delicato dell’anno. Ma quel che è indubbio, è che una festa pagana legata al cambio della stagione, ha lasciato i suoi retaggi a lungo in tutto il nostro paese.
E in Puglia invece, come si festeggiavano gli Ognissanti?
In Puglia i bambini usavano andare casa per casa a chiedere qualche dolcetto già molto prima che i nostri figli imparassero a farlo dai loro coetanei d’oltreoceano. Per farlo, indossavano gli abiti dei loro nonni, e poi recitavano una filastrocca:
All’aneme di muerte, m’ha dé do fiche?
Addo’ l’ha mette?
Jinde o’ viddiche!
In provincia di Venezia, pensate, i bambini facevano questa stessa identica cosa ben prima di Halloween, ma in occasione di San Martino. Tornando in Puglia, anche a San Nicandro Garganico i bambini avevano l’abitudine di girare casa per casa recitando una filastrocca particolare. A Manfredonia, invece, la mattina del giorno dei Defunti i bambini trovavano una calza ripiena di dolciumi, proprio come oggi si usa fare in occasione dell’Epifania. Come vedete, non solo tutto il mondo è paese, ma potremmo andare avanti ancora a lungo nell’elencare curiosità, aneddoti, usi e costumi molto comuni nell’Italia dei nostri antenati ed ancor vivi ed in uso fino al Novecento inoltrato. Come l’abitudine dei bambini di Caltanissetta, di lasciare le scarpe vecchie sull’uscio, attendendo che gli spiriti dei defunti le riempissero di dolci oppure le scambiassero con delle scarpe nuove.
Cosa si mangia in Puglia in occasione degli Ognissanti e della commemorazione dei Defunti?
Vediamo ora cosa si mangia in Puglia in occasione degli Ognissanti o della commemorazione dei Defunti? Una delle prelibatezze pugliesi che caratterizzano queste festività sono indubbiamente le pittule o pettole. Si tratta di gustosissime frittelline di pane (fritto, per l’appunto), preparate spesso proprio nel focolare acceso. Le pittule si preparano nella variante semplice, oppure con l’aggiunta di cavolfiore, acciuga o baccalà. In Salento sono più piccoline e tondeggianti e si gustano con il vincotto, nel nord della regione sono più grandi e schiacciate. Sono un piatto tipico dei momenti di festa e, più in generale, di tutte le vigilie. Le troverete durante la vigilia di Ognissanti, di San Martino, dell’Immacolata e naturalmente di Natale. Nel foggiano si usa preparare un dolce tipico, la colva o grano dei Morti. E non solo. Il grano, nella tradizione ortodossa (non dimentichiamo che la Puglia è stata uno degli ultimi capisaldi della presenza bizantina nel nostro paese) simboleggia non solamente la morte, ma anche la resurrezione.
Ogn’ecn d’grein ca’ s’meng, s’salv n’enm, dicono in Puglia. (ogni chicco di grano ingerito, salva un’anima)
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La modernità, la globalizzazione ed il consumismo non hanno fatto altro che cambiare un po’ le carte in tavola, ma la nostra essenza, legata da secoli alla tradizione rurale e contadina, al legame fortissimo verso la natura e dal rispetto nei confronti dei defunti, più o meno, è rimasta invariata, senza che Halloween, anche per come è inteso oggi, ci snaturasse del tutto.